venerdì 27 maggio 2011

E poi vabeh, penso a te!

In questi giorni, tra caldo, zanzare, preparazione di revisioni, speranze e paure, penso principalmente alla tesi in Storia del Cinema
al matrimonio della mia amica Robbbi - che a noi quello di William e Kate ci fa una Pippa-
e alla prova costume, che ho mangiato carne e verdure per una settimana e oggi mi sono buttata sul fritto e grasso saturo come nemmeno un bel bambino del Burundi.
Pensare stanca.

giovedì 26 maggio 2011

Frida Kahlo, via de' Pandolfini, Firenze.

Tu lo sai bene: non ti riesce qualcosa, sei stanco e non ce la fai più.
E d'un tratto incontri nella folla lo sguardo di qualcuno -uno sguardo umano-
ed è come se ti fossi accostato a un divino nascosto.
E tutto diventa improvvisamente più semplice.
(A. Tarkovskij)

Oggi ero in segreteria a risolvere quelle robacce burocratiche. Ero un po' agitata, gli applicati di segreteria spesso soffrono di bipolarismo secondo me e quindi incontrarli per me e la mia attività neuronale ogni volta rappresenta un grosso rischio. Sono arrivata, la gente attendeva il proprio turno col numero in mano, come al banco dei formaggi e dei salumi al supermercato. C'era una mia amica, che mi fa sempre ridere un sacco. E una signora peruviana. Parlare con lei credo mi abbia rasserenata un sacco. Lei è di quelle persone che non sono proprio per niente come me, perché sono in pace col mondo. Vivono a contatto con la terra, col cielo. Il cielo è più azzurro se li guardi con i loro occhi, la terra feconda. Sono un tutt'uno armonioso con ciò che li circonda. Insomma, il mio opposto. E quando trovo queste persone io sono sempre felice, sono felice di conoscere persone che hanno pois che esplodono da tutti i pori perché io, lo dico sempre, in fondo sono una persona in bianco e nero. 
Quindi insomma, sono piena di revisioni, di scadenze, di cose da fare.
Ma sono serena, un po' più serena, perché è vero che a volte conoscere una signora, un signore, un ragazzo, un bambino, una ragazza, una bambina, può davvero migliorare la giornata.

martedì 24 maggio 2011

Un'altra notte finisce e un giorno nuovo sarà, Anna non essere triste. Cambierà. (Per fortuna che c'è il profumo dei Pavesini).

Sono giorni lunghissimi, questi.
Firenze è bollente, l'aria in Accademia anche.
Poco fa mi è successo che ho pianto per una foto. Non era nemmeno così bella, ma forse mi ha mosso qualcosa dentro. Mi è successa la stessa cosa guardando un quadro di De Chirico. Poi avevo gli occhi lucidi dopo il trenta di Economia. Non lo so come mai. Forse è un pretesto, forse un momento di debolezza, forse un istante in cui mi sono sentita sola. E' una sensazione strana. Triste e coraggiosa al tempo stesso, come una partenza. 
Come siamo buffi. "Inventiamo bicchieri infrangibili che poi cadono e si rompono (Paolo Nori)", ci diciamo che non esistono più le mezze stagioni per colpa del buco dell'ozono e poi facciamo le fragole tutto l'anno.
Un mio amico oggi mi ha scritto una mail bellissima, che non mi aspettavo.
A volte i pensieri improvvisi e senza pretesto di un amico che "non so perché ti sto scrivendo questo, adesso", li leggi in un determinato giorno, un determinato momento e ti rendi conto che forse non è un caso.
A volte le sfighe e le leggi di Murphy servono per poi poter dire che siamo fortunati quando succede una cosa bella o semplicemente meno triste.

martedì 17 maggio 2011

Faccio cose, vedo gente, mangio cetrioli.

Da piccola volevo lavorare in un circo, nonostante la mia massa grassa che a quell'età mi avrebbe permesso di interpretare solo la bambina cannone.
Poi volevo fare la pediatra, perché da bambina mi piacevano i bambini.
Poi la ginnasta, perché facevano un cartone animato su Italia Uno e mi sembrava più plausibile fare lei che non una guerriera Sailor.
Poi l'avvocato, perché volevo una macchina rossa e grossi occhiali da sole. E perché vedevo Ally Mc Beal.
Ora vorrei fare quella che inventa le parole, vorrei anzi averle inventate io certe parole come "sternocleidomastoideo", "rorido", "amatriciana", "bifidus", "crepuscolo" e tante altre.
Ora vorrei fare il dio delle città.
Ora vorrei far parte dei maitre chocolatier Lindt.
Ora vorrei essere una fotografa. Di quelle che guardi le loro foto e ti si ferma il respiro per un istante.
Ora vorrei essere un aiuto regista, va bene anche portare caffè a tutti e sono brava pure a scegliere dolci buoni ed economici.
Ora vorrei lavorare nella cucina di un ristorante. Forse va bene anche una friggitoria, basta ci sia l'aceto balsamico.
Ora vorrei sapere tantotantotantotutto di Storia dell'Arte, contemporanea. E restaurarla.
Ora vorrei essere in una galleria d'arte, una qualunque, anche una che non ha soldi.
Ora vorrei lavorare in un museo, d'arte contemporanea.
Ora vorrei parlare a ragazzi un po' più giovani di me di Fotografia o Cinema o Arte e io sarei buona agli esami, che tanto se una materia piace uno se la studia, se no non sono fatti miei.
Ora vorrei essere quelli che provano le cose da mangiare e poi dicono "Ottimo""Buono""Così così" e lo scrivono da qualche parte.
Ora vorrei fare un libro illustrato, di cucina.
Ora vorrei inventare un brand. Di donne grasse e felici.
Ora vorrei diventare una scrittrice. Scrivere di qualunque cosa. Su qualunque cosa. E farlo bene.
Ora vorrei fare quella che sceglie di quale rosso andrebbero fatte le copertine di certi quaderni.
Ora vorrei essere uno di quelli che inventano le cose inutili Ikea che vengono puntualmente acquistati dalla sottoscritta.
Ora vorrei fare quelli che cuciono (cuciono, vorrei aver inventato anche questa parola) i vestiti bianchi in pizzo Sangallo.

La tesi. Mi aspetta la tesi.

venerdì 13 maggio 2011

Loro forse vedevano cose che noi nemmeno immaginiamo.

C'è stato qualcosa giorni fa che forse è più importante di tempi stretti, esami, tesi, chiacchiere, ciambelle e zucchine.

Era una domenica, io odio le domeniche.
Io e il mio talentuoso ragazzo usciamo e andiamo alla ricerca di una pizzeria da sperimentare. Ne scegliamo una, che di messicano aveva solo il nome e forse il cameriere.
Tra le cose che mi infastidiscono c'è il sedersi affianco a persone che non conosco nei ristoranti. E in questa pizzeria, ci sistemano affianco una coppia. Inoltre la tv era su Striscia la Notizia e a me non piace che è chiassosa e mille volte meglio le Iene, se proprio. Sembrava non andasse bene una. Ma la fame ci teneva ben saldi alle sedie di vimini, quindi il menù era già tra le nostre mani.

La coppia che era seduta accanto a noi era strana. Parlavano di gare tennistiche in modo esageratamente competitivo. Avranno avuto sessant'anni, su per giù. Mangiavano gli spaghetti rumorosamente. Parlano.
Finiscono la loro cena, con calma e offrono loro un amaro. Accettano, ringraziano.
Prendono il bicchiere, la mano di lei cerca di spostare le bottiglie, cercano le mani l'un dell'altra, lei gli prende il mignolo lui l'indice. Portano con l'altra mano il bicchiere, brindano. Sorridono.
Erano entrambi ciechi.
Ciechi.
Spostavano l'aria che li allontanava, afferravano la vita che intercorre tra le mani e un brindisi. Vedevano più di chiunque altro. Più di noi.
Non riesco a raccontarla nemmeno bene, perché è come rivelare un segreto, come quando respiri il vento.
Ecco.
Anche questa storia, questa immagine, questo momento, questa lezione di vita vera e forteforte credo che rientri tra le cose che uno non potrà maimaimaimai spiegare a nessuno. Non per mancanza di voce, di ricordo o di orecchie. Ma per mancanza di parole.

martedì 10 maggio 2011

Un bel modo di cominciare la settimana è scoprire che anche Kate Moss ha la cellulite.

Il lunedì è un giorno tremendo.
La sveglia suona presto, non la sento, per non posporla devo tenerla lontana da me il che si chiama masochismo, mi aspettano cinque ore di disegno dal vero, mi sveglio e devo cospargere il letto di carboni ardenti per alzarmi. Puntualmente mi si rovina lo smalto, l'acqua non viene mai calda velocemente e solo il lunedì quando sei in ritardo, il caffè dimentico di accenderlo, non so cosa mettere, metto le scarpette di tela e poi viene giù il diluvio che smette quando torni a casa.
Il lunedì è un giorno tremendo.
E' una nuova settimana, che di questi tempi significa che è un giorno più vicino agli esami e alla tesi. Un giorno più vicino alla morte, al suicidio, a Bin Laden, alla fine dei tuoi giorni, alle nutrie dell'Arno, all'indecenza, allo schifo.
Il lunedì è un giorno tremendo.
Si comincia sempre qualcosa. Io ho iniziato tutto il lunedì. E' un piccolo capodanno settimanale, il lunedì. Solo che l'unico count down è per andare a letto e non per i balordi notturni.
Questo lunedì io ho fatto una scelta responsabile e per niente avventata: mangiare sano. Verdure cotte e crude, frutta, legumi, carne, pasta, pane.
Dio, togli il mio fritto quotidiano e rimetti in pace sull'apposito scaffale della Coop i pangoccioli.
Niente grasso inutile da merendina del discount. Niente zucchero e latte, ma latte e zucchero. Niente biscotti colmi di conservanti più che di cioccolato. Attività fisica. Corsa, lenta ma costante, fingendo come al solito davanti ad altre allenatissime persone che mi corrono di fianco o gente che cammina tranquillamente che non ho il fiatone, no no no, sono una vera sportiva, io, corro da una vita, eh, un due, un due. Scale a piedi se non ho la spesa. E se non mi scappa la pipì o la cacca o non ho dimenticato il libretto universitario il giorno di un esame. Magari anche pesetti, che ora ho solo il bicipide da apritrice di barattoli di Nutella e melanzane sott'olio, infatti non a caso credo che il destro sia più sviluppato del sinistro.
Poi, vorrei anche parlare dei vestiti deliziosi e del calduccio meraviglioso di questa stagione, argomenti che mi portano direttamente a parlare di donne, di ormoni maledetti che causano alterazioni d'umore nemmeno noi fossimo tutte bipolari, mestruazioni quando dobbiamo andare al mare e lacrime che sgorgano dai nostri occhi come nemmeno il petrolio dalle terre dell'Arabia Saudita. Ormoni di merda che ci fanno venire la cellulite. Brutta, brutta e cattiva. Però ce l'abbiamo tutte (e se mi sta leggendo una che non ne ha e che ha cosce meravigliosamente lisce senza fare niente, nè fanghi nè sport, tu che sei meglio anche di una modella che sfila per Chanel, chiudesse tutto, perché le sto mandando una macumba e queste funzionano. Sempre. Maledetta. Lontano, lontanissimo, lontana da questo pianeta, sgualdrina) e questo è confortante come quando devi studiare taanto tanto e un altro ha il tuo stesso esame - trattasi in modo evidente del saggio vecchio adagio "mal comune mezzo gaudio"-.
Oggi poteva quindi essere una giornata tremenda ma da qualche parte, non so se in tivù o sul City, ho visto una fotografia. Era lei. Stupenda e meravigliosa. Inarrivabile e diva. Lei. Una foto di lei con la CELLULITE. LEI. LEI ANCHE HA LA CELLULITE. E la giornata è diventata radiosa e perfetta.
Ergo, se ce l'ha anche lei, se ce l'hanno anche quelle scheletriche donnacce, allora scusatemi ma io posso anche sfondarmi di altre madeleine, eh sticazzi.