giovedì 28 aprile 2011

Quelle cose per cui non bisognerebbe arrabbiarsi ma poi ci si incazza e si fanno tragedie. Grandi dolori da niente.
(Stefano Benni)


Eh.

martedì 26 aprile 2011

Marisa e' ora fan dei prodotti tipici pugliesi.

Che poi a me una bella insalata mista piace anche.
Le carote julienne mi piace vederle, mi piace mangiarle, mi piace che costano meno di un euro.
Anche la frutta.
Mi piace tutta, a parte cachi e fichi (che scritto così sa della perifrasi volgare ma ben più diffusa di "cazzi e mazzi" : "C'erano tante cose, tante persone, tanti problemi e ricominciavano le lezioni con i relativi cachi e fichi.").
Tutta.

Però.
La salsiccia, che ha quel piccantino leggeeeero, che senti dopo averla assaporata per bene mentre masticandola l'aroma dovuta anche alla cottura della brace l'ha arricchita, vogliamo mettere?

La burrata, che è un Lindor a formaggio, stessa goduria, stesso bisogno di chiudere gli occhi mentre è in bocca, irresistibile scioglievolezza, allo stesso modo.

Il pane. Salato, croccante, caldo. E il rito del pane e pomodoro. Spremere i pomodori sulla fetta di pane, cospargere il sale, poi l'olio. Strizzare la fetta di pane, far colare l'olio in eccesso. Ripetere. E mangiare, sentire come il sale, l'acidità del pomodoro e l'olio quasi pizzicano le labbra.

Il cioccolato. Nemmeno sta a parlarne.
Cioccolato si spiega da solo.

Con tutti questi doni degli dei, io, come faccio a essere salutista?
Come?

Come disse un amico, dopo esser tornati in Puglia c'è bisogno di una vacanza.

La visione di queste immagini sono sconsigliate a un pubblico vegetariano.

venerdì 22 aprile 2011

Verticalismi

Ciao, sono Marisa e un mio raccontino è andato a finire qui, sul sito Verticalismi.

Un racconto ovviamente struggente, ovviamente senza happy ending, ovviamente sentimentale, ovviamente con il sottofondo di una canzone che mi piace tanto tanto e che è di quei gruppi che meriterebbero più successo di Vasco Rossi. Una storia nata mentre ascoltavo "Non sono io, sono gli altri" sulla strada per andare all'Ikea. Ricordo chiaramente di averla accennata anche al mio splendido (e anche lui ne parla qui, sul suo blog. Amore, ho fatto una cosa bruttissima: ho rubato questa immagine che hai fatto tu e l'ho pubblicata qui sul mio blog, senza nemmeno chiedertelo. Mi perdonerai, sì?).
Vi invito a leggerla e voglio ringraziare anche qui lo staff di Verticalismi che mi ha ospitato sul sito, Luigi Criscuolo per i disegni, Simone Campisano per il lettering, alle 68 persone che al momento hanno messo il "mi piace", a quelle a cui è piaciuta senza alcun mi piace o alcun commento, a quelli che l'hanno letta e magari hanno anche pensato:"Belli i disegni, ma che merda questa storia!" e un grazie molto particolare va, non per ultimo ovviamente ma anzi, al mio Giuseppe che è solo, soltanto, esclusivamente merito suo se la mia storia è diventata un fumetto degno del sito in questione e di Desdemona. Grazie mille, grazie davvero.
Insomma sembrano ringraziamenti che manco se avessi vinto un Oscar, però a me questi apprezzamenti inaspettati piacciono forse perché non mi sento mai all'altezza delle cose, come il Papa morettiano tipo, e io mi sento sempre in dovere di ringraziare tutti, dal primo all'ultimo, perché un Oscar per me è anche questo, anche senza red carpet e senza troppi fans.
 

giovedì 21 aprile 2011

Un incantevole Aprile (e dovrebbero fare uno due o tre film con all'interno del titolo tutti i mesi dell'anno, che sennò non vale)

La settimana di Pasqua la vedo nel modo più profano possibile: uova di cioccolato, cibo, vacanze, sole. Non ricordo nemmeno bene cosa succede di preciso, perché diventa improvvisamente peccato mangiare carne il venerdì o perché la domenica prima ci sono le palme, che le palme che danno in chiesa sono ben diverse da quelle del mio giardino e anche questo non riesco a spiegarmelo.
La settimana prima di Paqua generalmente in Università ho le revisioni, il che mi distrae sempre un po' dal fare in tempo il biglietto del treno verso la Terronia, ma effettivamente anche se non ci fossero io mi ridurrei a fare il biglietto del treno due giorni prima, che per me sono BEN DUE GIORNI PRIMA! Anche quest'anno, manco a dirlo, era tutto stra pieno e quelli di Trenitalia sanno usare formule gentili come "posto non garantito" o "ci scusiamo per il disagio" che però non danno alcun supporto morale alla situazione.
Firenze si collega in un modo strano col resto d'Italia (e il resto d'Italia per me è la Puglia, le altre regioni, specie quelle settentrionali, per me servono sostanzialmente a finire il disegno dello stivale. Tipo puzzle che ha un paio di pezzi colorati e gli altri bianchi.), tant'è che per arrivare al mio bel paese, dovendo scendere a una fermata prima in quanto hanno simpaticamente soppresso un Eurostar,devo andare a Bologna e poi da lì scendere sulla linea adriatica.
Bologna. Bologna vabeh, Bologna è troppo bolognese, anche in stazione. A Bologna generalmente c'è sempre lo smistamento di noi passeggeri. Sì, ci smistano, perché sono carri bestiame alcuni treni (chi ha preso un Intercity Bologna-Foggia magari dovendo stare anche in piedi mi capirà) e d'estate si sa, si tende a sudare. A Bologna c'è lo snodo ed è proprio da Bologna che passa il mitico Milano-Taranto, Milano-Lecce, treni così. Treni da meridionali.
Arrivo e la coincedenza è dopo 50 minuti. Io che tendo sempre ad approssimare per eccesso, per me era un'ora intera. Un'ora di pranzi fugaci, di caffè, ma non troppo che quello è diuretico e io nei treni proprio non la so fare la pipì, e di edicole. Vado in un'edicola fornita per comprare un libro, ne adocchio uno, continuo a vedere altri titoli. Un personaggio, probabilmente rumeno, s'avvicina e dice qualcosa come:"Questo locale... Questo locale?" all'edicolante che si vedeva lontano un miglio essersi alzato col piede destro, quello sbagliato. L'edicolante:"Non è un locale. E' un'edicola!" Il rumeno:"Edicola. Io volio comprare edicola!" gesticolando e mantenendo comunque una certa compostezza, sì, da tipico magnate, sì, sicuramente... Fatto sta che questa scenetta mi ha assolutamente chiarito sulla scelta del libro: Benni. Questa sarà una giornata da Benni. La conversazione poi è continuata ma mi sentivo come un'intrusa in quell'importante discussione di lavoro, soldi e potere.
Esce il numero del binario sullo schermo. Tutti ci riversiamo sul binario e mancano quindici minuti all'arrivo del treno. Io un po' leggo -ma Benni mi fa ridere e sembra un po' brutto che quello poi la gente pensa che non è mortazza quello che c'è nel panino, ma droghe- un po' guardo intorno e mi ripeto:"Merda, non ho il posto a sedere." vedendo tutte quelle persone che probabilmente divideranno con me minuscoli spazi vitali nei corridoi.
Ma quanti ne siamo? Ma che è. Ma Pasqua con chi vuoi e tutti vogliono tornare a casa natìa. Senti il foggiano, il barese, il leccese che parlano tra loro, che parlano al cellulare dicendo in buona sostanza nei diversi dialetti:"Sì, ho mangiato mamma." Vedi qualcuno che magari non è terrone, e magari è un ospite che si sa che noi meridionali siamo generosi. Ne siamo tanti e manca poco che solo noi pugliesi che scendiamo per le vacanze, se volessimo, potremmo tranquillamente conquistare la Libia, tipo.
Arriva il treno, siamo in cinque compresa me. Passiamo il viaggio in piedi, un po' seduti sulle valigie, chiacchieriamo che in fondo siamo tutti studenti e quindi minchioni a non aver prenotato prima, gallerie, messaggini con il mio splendido, messaggini con le amiche che dove sei-domani che fai-facciamo una cena-un caffè-, Lindor, musica ma poca perché c'era Benni e c'erano le parole degli altri sventurati. Ovviamente nessun posto si libera da Bologna in giù, o meglio, verso Pescara c'è la prima massa che scende. I posti si liberano un pochino. Mi siedo, mi godo il mare, che il bello di questo viaggio è che vedidal finestrino tanto mare, tante pietre, tanta sabbia.
Poi i miei genitori che mi vengono a prendere, chiacchiere, io che in macchina racconto di Lucarelli, loro che mi parlano delle nuovi costruzioni del paese, poi casa, poi cena che tutta la giornata a quel punto era focalizzata a questo momento, e chiacchiere sul cinema, su Moretti, su Firenze, su Renzi.
Una settimana è poco per stare in Puglia. In fondo ogni volta che scendi, capisci bene che in realtà in Puglia ci sarà sempre casa tua e sarà casa tua per sempre nei secoli dei secoli non come a Firenze che ho già cambiato due case e probabilmente una terza e poi magari una quarta, le tue cose che sono cose che probabilmente non userai mai più, vecchi disegni che ritrovi e oddio quantodisegno ammmerda, e tu che sei chiocciola che la tua casa te la porti dietro ma poi torni sempre indietro, si torna sempre indietro, si torna sempre in Puglia.

(Il titolo del post è il titolo di un film, a parte le parentesi)

mercoledì 20 aprile 2011

Habemus Papam.

"Volevo raccontare, con i toni della commedia, la storia di un personaggio fragile che si sente inadeguato rispetto al ruolo che deve ricoprire."
Nanni Moretti.
Dico la verità: a me Nanni Moretti iniziava a mancare.
Tre anni son pur sempre tre anni. E quando ho visto e sentito del suo ultimissimo film non potevo che andare a vederlo, direttamente al cinema, che si sa, ha sempre il suo fascino nonostante le poltroncine dalle quali cado quasi sempre e nonostante la possibile sfiga che davanti ti si sieda un watusso.
Habemus Papam, un film che già dal trailer mi aveva conquistata. La trama, in buona, buonissima sostanza, è questa: morte di Giovanni Paolo II. Il conclave si trova a eleggere un nuovo Pontefice, lo scelgono. Il nuovo Papa non si sente all'altezza di essere la nuova guida spirituale dei cattolici di tutto il mondo, non è mai successo e nessuno sa come affrontare la delicata situazione, chiamano uno psicanalista, il più bravo, (Nanni stesso) perché aiuti il neoeletto a curare la depressione che l'affligge. "Imprigionano"all'interno del Vaticano Nanni che offre episodi divertenti e sarcastici e mentre organizza anche una partita di pallavolo tra i cardinali il Papa scappa dopo non essersela sentito di affacciarsi al balcone. Gira per Roma alla ricerca di sè, conoscendo una compagnia teatrale in quanto il desiderio vero e nascosto della Santità era quello di fare l'attore, ritorna e... vabeh non dico come va a finire.
In quest'ultimo gran lavoraccio, Moretti ha affrontato in modo tragicomico la rappresentazione del conclave e post-conclave. C'è di fondo un'originalità assoluta e rivoluzionaria: basare l'intero film, che a tratti sa di commedia tipicamente all'italiana, su un Pontefice insicuro, debole, depresso, semplicemente umano. Non c'è riferimento alla fede, non c'è riferimento al Vaticano come sede di potere, come luogo di uomini spesso molto più razionali che non spirituali.
Il protagonista, che è Sua Santità stesso, mi ha fatto pensare che se è vero come dicono al catechismo che il Papa è Papa perché è la persona più buona del mondo, Piccoli è decisamente il volto idoneo. Commovente. Commoventi le sue espressioni di uomo che smette di essere persona (intendo persona come maschera, quindi nel senso latino e junghiano del termine; persona come esteriorità) e diventa anima, anima fragile e disturbata, anima insicura e nuda come la nostra quotidianità, come forse ultimamente anche la Chiesa.
Nanni Moretti interpreta le sue solite nevrosi che tanto mi ricordano Allen e che forse anche per questo mi piacciono tanto, messo in un ruolo non egocentrico come suo solito ma marginale, sapientemente misurato e perfettamente integrato con l'armonia della trama.
Diverse le chicche e le belle battute pungenti, dal deficit di accudimento che portano Piccoli a mangiare un bombolone fritto in una pasticceria romana ai suoi sogni spezzati a causa di una bocciatura per le selezione di un'Accademia teatrale alle sue debolezze, la sua umiltà, la sua consapevolezza di non essere in grado perché certe volte ci impongono di essere qualcuno qualcosa, che è lontano da noi, il suo essere personaggio che in realtà è persona, è persona anche il Papa, l'aspettare il momento giusto, lo aspetti tu e soprattutto lo aspettano gli altri, o meglio se lo aspettano gli altri da te, aspettarlo e capire che non è il momento a essere sbagliato, ma te stesso, tu e basta. E a quel punto aspettare non serve, non serve più. Poi la guardia svizzera che è costretto a fingersi Papa e che ha come compito quello di scuotere di tanto in tanto le tende dei suoi appartamenti, poi la partita di pallavolo dei cardinali organizzata da Nanni, pallavolo assolutamente pallavolo, che "palla prigioniera non esiste più da cinquant'anni" dove le autorità ecclesiastiche del conclave vogliono assolutamente vincere e andare in semifinale, poi le battute morettiane riferite all'"unico libro che mi avete fatto trovare in camera, la Bibbia" che cammina per i corridoi vaticani.
E poi il teatro, che è molto presente, questo sovrapporre del sacro col profano, unire leggerezza e temi normalmente trattati in modo storico. Tutto il film è un teatro, un sipario (leggendo i titoli di coda, gli affreschi e le mura ermetiche vaticane sono state tutte riprodotte da pittori e tecnici coi controcazzi aggiungerei. E sì, io sono di quelle poche persone che si divertono quasi leggendo i titoli di coda alla fine dei film.).
Quindi.
C'è il carico della solita e sferzante ironia morettiana che tanto mi piace, ci sono quei temi un po' difficili e delicati anche se ormai di ampia considerazione anche nei film come la depressione che colpisce proprio tutti, non solo mamme sole con figli adolescenti rompicoglioni o mariti abbandonati che dopo lavoro bevono tequila, ma anche un uomo come il Papa, il tutto protratto con una narrazione semplice e leggera (forse fin troppo). Ecco, solo l'idea nuova di questa visione moderna, originale e diversa del Capo della Chiesa merita almeno qualche foglia di Palma d'oro.
C'è la solita polemica secondo cui questo film viola l'art. 278 del codice penale in combinato disposto con l'art. 8 dei Patti Lateranensi, ossia offesa al decoro del Papa. Ci sono vaticanisti che attaccano Habemus Papam affermando che è indecoroso, boicottando i credenti a non vederlo perché "non mi sembra che regga il paragone che per giudicare debba conoscere: non devo saltare dal terzo piano per capire che potrei farmi molto male."
C'è tutto, chiederete voi?
No.
E' un film originale, un film molto ben fatto, buona la fotografia e anche talune inquadrature. Ma è come se mancasse qualcosa. Qualcosa che lascia un po' come quando finisci di pranzare ma hai ancora un po' di fame. Che non sai cos'è ma sai che c'è.

Mi è piaciuto, ma non so.

lunedì 18 aprile 2011

Ciao. Il mio numero è scritto dietro. Ciao.

"Quelli della Vergine forse sono un po' così: un po' malinconici, un po' autunnali, solitari, pignoli, pessimi partner e ottimi singoli. Hanno una gran vita interiore che non necessita di mondanità per esprimersi. Nello stesso tempo forse sono fin troppo preda di umor nero, di attacchi di atrabile, insomma di malinconia."
(Tondelli)

Lei era lì, al bar vicino l'Università a bere il secondo caffè della giornata quando ha pensato che sì, Tondelli ha ragione. Era una mattina come tante, una mattina di occhiali e jeans. Un nastro rosso tra i capelli che chiudeva i suoi pensieri, i suoi pensieri di studentessa nervosa e bulimica di vita. I suoi pensieri che cercavano qualcosa, qualcuno. Qualcuno che l'avrebbe svegliata la mattina e non si sarebbe preoccupato dei suoi occhi cerchiati. Qualcuno che avrebbe visto un libro di Snoopy "Sono innamorato, Charlie Brown" e gliel'avrebbe fatto trovare sulla scrivania. Qualcuno che sarebbe andato via sbattendo la porta e sarebbe rimasto lì, ad aspettarla, in macchina, di notte, scrivendole un sms: "Scendi, scema, che andiamo a mangiare una pizza. <3". Qualcuno che le avrebbe baciato gli occhi. Qualcuno che l'avrebbe fatta danzare in un salotto disordinato. Qualcuno che l'avrebbe amata, per i suoi kg di troppo, per le sue cattive abitudini, per le sue lacrime e per le sue gioie. Qualcuno che ci sarebbe stato, e che non avrebbe avuto cuore e occhi e testa per nessuno se non per lei.
Poi.
Gli occhi a volte rotolano su sentieri inesplorati e pericolosi. E uno sguardo è così forte da tenersi o lasciarsi per sempre. Incrocia lo sguardo di qualcuno. Qualcuno che prende la bustina di zucchero di canna e ha una mano sporca d'inchiostro. Colline verdi e fiori e Caran D'Ache e pellicole e sole e vento caldo e carta da acquerello e Nutella e foglie d'acero e l'odore dei libri e luna che sorge da una montagna e musica e De Chirico Klimt Schiele e magie e onde e mari aperti e fusa e tutto quello che di più piccolo c'è e tutto quello che di più grande c'è, tutto, tutto guardando qualcuno, guardando lui. E dietro quella macchia d'inchiostro sulla mano destra, dietro c'è una mano, una mano che gira il caffè, una mano che porta alla bocca il cucchiaino, una mano che lascia il cucchiaino sul piattino, una mano che prende la tazzina, una mano che sta attenta a non bruciarsi, una mano che avvicina la tazzina alla bocca che soffia e che beve, beve in più sorsi, forse due, o anche tre e la bocca che fa una piccola minuscola e deliziosa smorfia e rimette la tazzina sul piattino e sistema il cucchiaino all'interno della tazzina, sorride e prende un tovagliolino (e che odio i tovaglioli dei bar che non asciugano niente che sembrano fogli di carta ma a cosa servono son anche piccoli per scriverci i pensieri e non ci puoi fare i disegni a matita). E dietro tutto ciò c'è qualcuno, qualcuno che dentro cos'avrà, qualcuno che ha dentro e dietro una vita, qualcosa di grande, di così enorme che quella macchia d'inchiostro è come un granello di sabbia nell'universo, talmente piccolo da essere quasi invisibile, ma c'è e a lei basta, e lei ne è attratta e lei ne è sopraffatta e lei ne è impaurita. E dietro e dentro cos'avrà, se avrà avuto l'amore, che libro gli avrà cambiato la vita, che musica ascolta, quanta vita ha vissuto e quanta vorrà viverne e come e dove, in quale parte del mondo vorrebbe andare, altri granelli nel cosmo che però formano pianeti di sabbia e basta un po' di vento che vieni travolto, vieni travolto dalla vita, dalla sua vita. E lei era lì, lì pronta a esser scaraventata in altri mondi, nei mondi di quel qualcuno, in tutti i suoi mondi, quelli bui e quelli pieni di stelle. E lui, questo qualcuno, prende il portafoglio, cerca le monetine, ottanta centesimi e "forse ce li ho giusti, pare che abbia rotto il salvadanaio", e sorride e guarda il cameriere e lei prende la borsa e vorrebbe offrire lei, lei ha ben due euro, gli ultimi del mese prima della ricarica del Postepay, ma spenderli per lui sono un investimento, come comprare un attico a Manhattan a dieci euro. E lei vorrebbe farsi leggere e non raccontarsi e lui avrebbe la vita di lei sotto le sue dita, due notti, dieci al massimo, e lei diverrebbe un romanzo finito e sarebbe il libro preferito di lui.
Lei si alza, lo ferma, gli dà un tovagliolino del bar, gli prende la mano, proprio quella dell'inchiostro, arrossisce, sorride, scappa via è in ritardo e ha una revisione e i suoi disegni stanno ancora asciugando e non ci si dovrebbe mai ridurre all'ultimo momento a fare le cose.
Lui apre il tovagliolino, sorpreso, incuriosito.
"Ciao. Fai una smorfia con la bocca quando mandi giù il caffè, se mi sposi io giuro che riuscirò a spiegarti quanto sia deliziosa, prima o poi. Avremmo una vita davanti, insieme, e forse un giorno troverò le parole, tutte, così da non doverti più dire "Ok, questo non riuscirò mai a spiegarlo a nessuno." Il mio numero è scritto dietro. Ciao."

sabato 16 aprile 2011

Le definitive prime nove pagine di tesi!

venerdì 15 aprile 2011

giovedì 14 aprile 2011

Tesi, pioggia di notte e pan goccioli.


Okay.
So che domani probabilmente prendo il mio bel documento .doc e lo cestino. So che domani mi dirò:"Bella merda!". So che è sempre così. Le cose che uno fa di notte, di giorno cambiano totalmente, spesso in peggio.
Però ecco, fatto sta che ho iniziato a buttare giù qualche riga seria, col pro della notte piovosa e col contro della fame notturna e dei pan goccioli (sì, ho usato il plurale).
Eeeeee gnente, mi sembrava importante scriverlo anche qui che stanotte ho iniziato, a tutti gli effetti, a scrivere la mia tesi.

Spero che questa non sarà la reazione contro di me del mio relatore dinanzi la commissione.



(A quest'ora fanno Beverly Hills 90210 su ItaliaUno. No, così, tanto per dire. No, niente, sono stanca. Sì, va bene, adesso vado.)

lunedì 11 aprile 2011

"Buon pomeriggio, prof. Sono venuta sostanzialmente per lamentarmi."

Ho esordito così al ricevimento col mio relatore. Ci siamo amaramente confidati che la mia tesi è difficile e nessuno c'ha mai scritto molto, quindi la difficoltà di trovare i testi resta. I film invece forse sono già più reperibili. Forse.
"La tua è la ricerca su un lavoro molto interessante su un argomento che nessuno ha mai approfondito molto a causa della sua complessità, il tuo studio è sul cinema d'autore che è affascinante ma molto difficile."
Ecco, così imparo a fare la figa con la maglia nera a collo alto, occhiali e sciarpa rossa morettiana a parlare di Truffaut. 
In un momento ho maledetto quella notte che, vedendo Ghezzi, ho scelto l'argomento di tesi. Era una notte meravigliosa, il film anche. Il modo in cui era girato splendido. Mi sembrava un segno del destino e io sono romantica e ai segni ci credo: vedere per caso un film scelto dal fidato omino che parla fuori tempo la settimana in cui devo andare a proporre la mia tesi al prof.
'affanculo vah. 
Poi però, capita che nel momento successivo, guardo un vecchio film, compilo sul mio quaderno la classica scheda per catalogare la pellicola in visione e poi scrivo "ecco perché ho scelto questo argomento". Il mio cuore cinefilo è rimasto come gli occhi di un bambino che guarda per la prima volta le lucciole in una via di campagna. Ecco cos'è che mi ha colpito di questo genere e cos'è che me l'ha fatto scegliere così a prescindere. Questa sensazione qui. Questa sensazione di benessere e attenzione, questa sensazione di intimità, questo "vedere senza farsi vedere", questa ricchezza mediante immagini che costruiscono una schema estetico-narrativo studiato nei dettagli, dalla fotografia alle voci. Questi film datati, pieni di visrtuosismi spesso fini a se stessi, in cui ci sono le parole degli attori e non c'è musica se non nei titoli di coda, 'ché effettivamente alcuni film sono come le nostre vite e nelle nostre vite non ci sono i Carmina Burana quando sta per succedere qualcosa di orrendo.
Comunque, siccome non regge la cosa del "cane m'ha mangiato i compiti"allora magari mi metto all'opera sul serio.
Ah!
Ieri io e il mio amato Giuseppe (con altre personcine) siamo stati a pranzo con Carlo Lucarelli. Sì, sì, proprio lo scrittore, proprio quello del "Paura, eh?". Lui in persona.
Vedi che c'ho pure le prove:

Poi ho anche le prove di quanto sia bello Giuseppe. E di quanto io mi senta migliore quando sto insieme a lui.
A proposito: scusami per quello che tu sai. M'impegnerò. Sei importante per me e il resto è polvere in confronto a noi. Polvere che spazzo via una volta per tutte, giuro.

Ultima cosa importante che capirà solo chi sa.
Non sono nè lei, nè lei (clicca sulle parole rosse, vedi che se ci passi sopra il mouse appare magicamente una manina?) anche se nell'ultima immagine effettivamente potremmo sembrare io e il mio splendido. Ciao.


martedì 5 aprile 2011

Il prete, prima di benedire casa mia, ha fatto la cacca (quella che puzza) nel mio bagno.

Per questa immagine dovete ringraziare Giuseppe :D


*Driiin*
"Chi è?" dico rispondendo al citofono mangiando una fragola.
"Il prete per benedire la casa!"
"... Ah."
Apro. Dimentico di dire a che piano abito, ma tanto chiunque vuole farsi benedire la casa, no? Anche i filippini che vivono nel condominio, no?
Aspetto il prete sulla porta, pentendomi già un po' di aver aperto. Vedo troppi film e troppe puntate che trattano di cronaca nera. "E se fosse un assassino? Un maniaco? Un ladro?" penso. "Per fortuna che ho i capelli sporchi e sono vestita alla membro di segugio, vah." continuo a pensare demolendo la mia autostima. "Devo tenere in tasca un coltello, qualcosa, qualunque cosa." medito mentre vedo che il prete fa un sacco di casino con l'ascensore.
Piccola parentesi: il condominio in cui vivo, è caratterizzato (oltre al vecchiume e ai vicini filippini) da scale e da soffitti bassissimi, roba che uno alto 185cm deve prendere per forza l'ascensore. Se poi ha anche una circonferenza tipo quella di Peter Griffin, probabilmente rimane anche incastrato. Io sono al secondo piano.
Dunque, io mentre mi pentivo lentamente di aver aperto, vedo che lui entra rumorosamente nell'ascensore, scende al primo piano, suona i campanelli, poi riprende l'ascensore e va direttamente al terzo piano. Sì, dovevo capire dal fatto che aveva saltato il mio piano che dovevo chiudere la porta, ma invece no. Continuo ad aspettare.
A un certo punto, continua a suonare campanelli e nessuno apre (vedi, vedi quanti indizi, e io che continuo a esser sul varco, che guardo a fare Csi se poi non imparo niente dagli indizi!). A un certo punto scende a piedi. E la scena è tra le più inquietanti, perché vedo una cosa enorme, una tunica svolazzante bianca e nera ed era enorme e non si vedeva il volto e se avesse avuto, chessò, un passamontagna o un cappuccio alla Ku Klux Klan giuro che avrei chiuso la porta e ommiddio se mi beve il sangue e ommiddio sono già bianchiccia di mio e ommiddio perchè ho aperto!
Beh, arriva, mi trova, non ha il volto coperto e anzi, è anche rassicurante. "Sono i peggiori quelli che sembrano brave persone, sono i peggiori, uccidilo, uccidilo prima che lo faccia lui!" dice una delle mie personalità, quella un po' più tarantiniana. La zittisco presto e munendomi di sorriso dico:"Benvenuto!"
Entra nel mio piccolo appartamento, si presenta, Don Antonio, mi presento io, Marisa.
"Sa di un profumo maschile e probabilmente dozzinale, che prete è? Uccidilo! Uccidilo!" dice sempre una parte piccola, nera e munita di kalashnikov della mia personalità.
Il prete, Don Antonio, si avvicina e un po' imbarazzato mi dice:"Posso chiederti un favore? Posso andare un attimo in bagno? Per favore!" Il sorriso, che più che sorriso era solo denti, scema un po' e gli indico il wc.
"Armati, armati! Lui va in bagno perché sotto la sua veste ha una bomba! Anche se è biondo, può essere tranquillamente un kamikaze, noi non abbiamo pregiudizi d'altronde!" mi spiega la solita vocina crudele.
Nel frattempo, mando un sms al mio fidanzato dicendogli che c'è un prete nel mio bagno. Mi chiama, mi rassicura dicendomi che in fondo non devo temere perché sono grandicella e femmina, non sono mica un bambino! Mentre lui mi dice che gli avrei fatto uno squillo quando Padre Ralph se ne sarebbe andato, io resto sola con il prete che trascorreva un tempo infinito nel mio cesso. Io infatti ho tempo di: controllare i bollettini di pagamenti fatti per l'Accademia, annaffiare i minicactus, aprire la finestra, chiuderla, sedermi sul letto, mangiare un'altra fragola, leggere il contratto dell'Eni, inventare un modo per fermare i danni delle centrali nucleari in Giappone e andarci direttamente e ritornarci, in Giappone. E LUI ERA ANCORA IN BAGNO.
Sento che apre la finestra. "Merda" penso (non a caso) "cattivo segno."
Sento l'acqua "Dimmi che il prete non si sta lavando dove io mi faccio il bidet!"
Esce, leggermente provato ma felice. Appagato, direi. Come se avesse avuto una visione celestiale e diciamocelo, io di Vergine c'ho soltanto il segno zodiacale.
Mi fa:"Grazie, scusami, stavo ESPLODENDO, non ce la facevo più, grazie!" Usa esattamente il termine ESPLODENDO. NEL MIO BAGNO.
"Adesso, procediamo con la benedizione." Procediamo? Iniziamo, semmai!
"Preghiamo insieme." Ok, ora sono io a stare nella merda, in tutto e per tutto. Il cane mi ha mangiato i compiti, ieri ho avuto la febbre non ho potuto studiare.
"Padre nostro, che sei nei cieli..." Non la recitavo da così tanto tempo che il mio Padre Nostro è stato all'incirca cercare di trovare le rime giuste. Quindi ne è uscito qualcosa come :
"Padre Nostro, che sei nei Cieli, sia santificato il tuo Nome. PREGA il tuo Regno, sia fatta la tua VOLUTTA', come in Cielo così in Terra dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti così come noi li rimettiamo ai nostri GENITORI, non ci indurre in INDUZIONE, ma liberaci dal MARE, Amen." La recitavo sottovoce ma di qualche errorino mi sa che se ne è accorto, perché era evidente che puntava il coso che conteneva l'acqua benedetta verso di me.
Ah, c'è da dire che poco prima che ESPLODESSE, aveva pure avuto il tempo di chiedermi di dove fossi. Meridionale pure lui, tra l'altro. E orgoglioso, tant'è che quando ha finito la preghiera e il rito della benedizione ha detto:"Eh... Evviva le nostre terre!" il che ha un po' sollevato la situazione nel quale Don Antonio era sprofondato. Poi, qualche chiacchiera, qualche "Mi dovrei laureare a Luglio, speriamo bene!" mentre pensavo che magari dirlo a lui portava bene (e speriamo non porti merda, in senso lato stavolta).
Felice e sollevato, mi dice dove e quando trovarlo a Messa e se ne va, attraversando il corridoio probabilmente con qualche kg in meno.

Forse, se fosse stato un ladro, un maniaco, un assassino sarebbe stato meglio.

domenica 3 aprile 2011

Ho una piantina acquatica e respira anche sott'acqua perché fa le bollicine e si vende all'Ikea e ha un nome impronunciabile e il mio Giuseppe l'ha chiamata Atlantide e ora si chiama così. ♥

Allora, ho scoperto oggi che per alcuni stare sott'acqua significa affogare, per altri significa vivere. L'ho scoperto all'Ikea, oggi. Piantine acquatiche. Questa qui mi sa che si chiama Lysmachia nummularia, un nome che ho ovviamente copiato e incollato da Google che io mica lo so come minchia si pronuncia o si scrive. Fatto sta che con un vaso preso apposta per lei e dei sassolini presi apposta per lei, è bellissima.
Il mio fidanzato bellissimo e dolcissimo e sceneggiatorissimo dice di non parlarci troppo, 'ché voi forse non lo sapete, ma è statisticamente provato che quando parlo con le piante queste tendono al suicidio più estremo: la pianta di gerbere rigogliose si è buttata in circostanze misteriose dalla finestra, uguale destino per il basilico il quale ha deciso di non nutrirsi per porre fine alla sua sfortunata esistenza. Uno sciopero della fame come Pannella, ma almeno lui brioche e cappuccino li prendeva al bar!
Spero che questa quindi non sia una piantina kamikaze. Perlomeno l'acqua magari attutisce i suoni e le mie parole, quindi il rischio si dimezza.
La magggica piantina costa due euri e ventinove e io credo che sia un acquisto che dobbiate fare, perché è primavera, perché sembra di plastica ma non lo è, perché vive e respira e non so bene come ma può anche crescere e poi, tra una bollicina e l'altra, potreste anche spendere due euri e settanta per comprare questo perché sembra un film cartaceo e perché ho visto con i miei occhi che c'è tanto, tanto lavoro fatto con i controcazzi dietro. Lavoro ben fatto, ovviamente!
Ora, vorrei trovare un bel finale d'effetto. Ma tra una grattata di testa e un "Oddio, è tardi domani devo svegliarmi presto" non mi viene nulla di interessante in mente. Quindi concludo con una semplice e banale buonanotte.

venerdì 1 aprile 2011

"Ma io sono pronto, sono quasi pronto. Non sono proprio prontissimo, ma ecco se voi mi date un mese e mezzo, sei-sette settimane, a fine aprile io sono pronto." (Nanni Moretti-Aprile)

Preparare la cena e alle 20 c'è ancora la luce.
Il mandorlo in fiore, e i ciliegi.
Gli starnuti delle persone e i raffreddori nelle aule d'università.
Maniche corte e sciarpe a fiori o a pois.
Vetrine piene di shorts e maglie a righe orizzontali blu e bianche che nemmeno Kate Moss.
Fragole.
Gelato che prende il posto della cioccolata calda.
Le pubblicità della Somatoline e "vorresti anche tu addominali scolpiti da esibire in spiaggia? Usa il nostro nuovo attrezzo-usa il nostro nuovo bruciacarboidrati-usa il nostro nuovo gel!"
Il mare.
Il sonno.
La tesi.
Le scarpe di tela colorate.
E' Aprile, è primavera. E la primavera non la vedo propriamente come una rinascita, ma come una specie di malinconia. Come un torpore, come quello di quando suona la sveglia e guardi che ora è e ti dici che maimaimai più farai così tardi la notte prima.
E io non so descriverla bene, adesso, a parole. Ma con un pianoforte, qualcuno ci è riuscito benissimo.