martedì 30 novembre 2010

“Siamo stanchi di diventare giovani seri, o contenti per forza, o criminali, o nevrotici: vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare. Non vogliamo essere subito già così senza sogni.”
Pier Paolo Pasolini

A Firenze il cielo è grigio, di giorno non farebbe nemmeno freddissimo non fosse per quel venticello bastardo che schiaffeggia il viso quando cammini, piove di quella pioggia inutile e continua come il lamento di una sirena incatenata, sottile che non sai nemmeno se aprire l'ombrello e non sembra nemmeno che ti sta bagnando il piumino, fottuto piumino dal pelo di cappuccio che quando lo chiudi bene per il vento o la pioggia sopracitati ti vanno tutti in bocca.
Ho ricevuto una mail giorni fa che è stato un po' un raggio di sole nelle mie giornate. Sì, perché le mie giornate non sono plumbee solo meteorologicamente parlando ma anche dentro, anche dentro non brillo e sono spenta come l'inverno. La mail era un lusinghiero invito per una mostra presso una Galleria d'Arte a Napoli con 5 foto selezionate . "Invito partecipazione mostra" era l'oggetto. Una bella soddisfazione a prescindere. Il vernissage è a Marzo e io ero invitata, senza far nulla, senza averci mai pensato. E invece. Invece a volte le cose belle ti accadono davvero.
A proposito di Gallerie la mia ricerca domani continua, o meglio inizia. La pioggia non sarà la migliore compagnia ma i biscotti al cioccolato che ho comprato sì, e quindi potrei provare a essere almeno vagamente ottimista, magari aiuta. Poi la tesi, in Fotografia manco a dirlo. Un argomento ancora dolorante quello della mia tesi, una ferita ancora aperta e sanguinante, una lacrima che deve uscire, DEVE, ma non puoi farla scendere, non vuoi, quella stessa violenza lì, la violenza di una lacrima che non deve scorrere. E per colpa di ciò, sarò fuori corso per 4 fottuti mesi. 'affanculo.  Vabeh, non ne parlo più che mi si increspa il sangue nelle vene se continuo.
Per il resto. C'è un concorso letterario e uno fumettoso su un personaggio che meriterebbe tutta la visibilità del mondo, che è L'Insonne e parteciperò a entrambi.
Io odio questi miei post lamentosi e da diario di una studentessa liceale, ma oh, io in fin dei conti sono cresciuta tra mille diari e mille parole intorno a me, libri che io non sapevo cosa volessero significare quei segni neri sulle pagine ma già sapevo che lì dentro c'era una storia. Magari la storia di una vita, il capitolo di un personaggio sfortunato e autunnale, la pagina che narra di un protagonista con tanti sogni, tante perplessità e paure, tante lacrime ingoiate e rabbie inespresse, tante speranze e un pizzico di sano ottimismo anche se fuori ci sono 2°. Un protagonista tipo come me.

sabato 27 novembre 2010

Il freddo c'è solo quando non sei con me.



Peniserini confusi, inutili e assonnati

Oggi il cielo è limpidissimo. Di quello che mica esiste, che per farlo devi andare al tuo negozio di belle arti, il Salvini tipo, e dirgli:"Che colore uso per dipingere questo cielo, non uno normale, ma questo qui proprio, vedi, esci, affacciati e vedi, vedi che toni, vedi che chiaro, vedi che compatezza, senza una nuvola senza una scia senza un difetto?"
E anche il freddo pizzica, punge come un cactus nel deserto.
Secondo caffellatte della giornata. Caldo e dolce. Non capisco chi lo prende amaro. Caffellatte è una parola che si dovrebbe scrivere tutt'attaccata, che non è corretto ma che è più bello, sa più di colazione e momento sereno anche con mille problemi se scritto insieme e con due elle, una parola dolcissima che necessita per forza di una zolletta di zucchero.

Fa freddo, ma mi piacerebbe uscire, prendere delle foglie autunnali, anche quelle cadute su strada e appenderle in camera come fotografie.

lunedì 22 novembre 2010

"Perché finalmente l'abbiamo imparato che c'è un tempo soltanto se c'è un tempo, un tempo per ogni cosa."

"Un tempo per perdere tempo.
C’è un tempo per cambiare e un tempo per tornare gli stessi di sempre,
un tempo per gli amori e un tempo per l’amore,
un tempo per essere figli e un tempo per farli, i figli,
C’è un tempo per raccogliere tutte le sfide, un tempo per combattere tutte le battaglie, un tempo per fare la pace, un tempo per esigerla, la pace.
E se c’è un tempo bellissimo per ricordare
allora ce ne deve essere anche uno calmo per dimenticare,
Perché se c’è un tempo per dormire e uno per morire, forse
- forse -
se siamo sempre stati bravi e attenti,
e continuiamo a tener gli occhi spalancati
allora, forse,
c’è anche un tempo
infinito
per sognare."

martedì 16 novembre 2010

Damn!

Mi guardo intorno e vedo gente e cammino e sono senza lettore mp3 e ho fatto colazione ed è come se non mangiassi da giorni, come se non avessi uno stomaco e andare in accademia o restare sotto le coperte è la stessa cosa e i biscotti danesi aromatizzati non sembrano così buoni come pensavo che fossero e metto la pentola colma d'acqua sul fuoco e mi metto al tavolo a leggere sperare sognare mettersi le mani tra i capelli e non accorgersi che l'acqua bollente è evaporata e rimetterla ancora e non avere voglia di preparare un sugo e c'è da finire il burro e prendere la reflex e fotografare senza aspettative e posarla e fare merenda e contare crediti e aspettare la mattina seguente che sarà come se non arrivasse mai e chiedersi se tutto ha un senso o se è tutto solo una grande presa per il culo e non sapere che fare, come fare e disegnare una me che è triste e strappare il foglio e pensare che io vorrei lavorare per fare quello che mi piace e poi anche per scherzo immaginarsi a bere Martini con quelle sette persone importanti durante il vernissage, il tuo chil'avrebbemaidetto, e la folla che riempie le piazze è quella che crei tu con le cose hai dentro, con quelle sette persone che sono sempre le stesse e sempre di meno di anno in anno e concorsi e speranze e nessuna proposta e fino a qualche anno fa il mondo era tutto tuo, ogni centimetro potevi possederlo se solo avessi voluto e invece ora è diventato come il cesso di un pub, sporco e sempre occupato da chi nemmeno centra la tazza eccheccazzo andargli incontro comunque e lui continua a girare senza di te e ti sembra di non riuscire a salirci e aspettare la sera e poi la notte e il latte caldo con due zollette di zucchero e non avere il coraggio e logorarsi e vedere i Griffin e cercare di piangere prima che il palloncino di lacrime, acqua e sale, mare, scoppi da solo e non riuscirci e andare a letto e dire poi basta. Dire basta.

martedì 9 novembre 2010

Una cosa che detesto è non poter vedere la pioggia. Di notte, se sono sveglia e se sono sotto le coperte, io mi affaccio per vedere la pioggia fuori la mia finestra, sempre, anche se fa freddo.
Per vederla ho bisogno però di un lampione. Mi piace vedere quei brandelli di nuvole commosse in controluce e vedere i cerchi concentrici che formano nelle pozzanghere. La mia finestra adesso affaccia su una corte interna, buia e piena di finestre che alle undici di sera chiudono, che di pomeriggio accendono le luci.
Ma ne sento il rumore, adesso. Il rumore di milioni di gocce che battono sui vetri freddi.
L'ho scritto spesso altrove, che quelli del segno della Vergine sono, come dice Tondelli, un po' malinconici, autunnali. Io lo sono tanto, stasera specialmente. Sono triste perché ho tanta paura per la tesi, per gli ultimi esami, per il mio futuro che è, come quello di tanti altri giovani come me, precario e nebbioso. Sono triste perché piove e non riesco a vedere. Sono triste perché ho mangiato troppi biscotti e dovrei essere a dieta.
Oggi però ho comprato gli Smarties, altri ancora. Sono più piccoli degli M&M's ma sono colorati uguali. E più buoni perché il tubo, che da bambina mi sembrava enoooorme, mi durava un sacco. Me li mettevo in una mano e in base al mio stato d'animo ne sceglievo il colore, cosa che faccio ancora adesso. Ora ne ho mangiato uno marrone, perché nero non c'è. Però poi ho ricevuto un sms di un'amica dolcissima che mi scrive sempre cose belle e inaspettate, ho visto il mio libretto e gli ultimi meravigliosi voti, ho ricordato quella cosa del "Vola solo chi osa farlo", ho letto un po' di Baricco e sfogliato una rivista che costa tanto ma che è bellissima e allora ora ne prenderò un altro: giallo.

lunedì 8 novembre 2010




Hermes

Ho sempre ascoltato mia madre quando mi raccomandava in tono minaccioso e spaventoso di non appoggiare mai le mie grosse natiche su water altrui, quelli degli autogrill in primis. Un problemone per tutte le donne, credo, per me sicuramente, perché stare in equilibrio senza appoggiarsi coi muscoli che accusano il non aver mai fatto sport e che cominciano a tremare, tenere la borsa senza farla appoggiare, perché la mamma diceva anche di non appoggiare niente a terra specie negli autogrill, che se la tengo solo con una mano mi sbilancia perché è pesantissima, piena di scontrini, porta assorbenti anche se non hai le mestruazioni, bottigliette d'acqua, astucci, matite abilmente fottute all'Ikea, scontrini e fazzoletti che, cazzo manca la carta igienica e non ho i fazzoletti (che troverai quando arrivi a casa, ovviamente), avere nella testa il viso di tua madre con dito indice alzato e sguardo minaccioso, pensare che se tocchi "Oddio mi verranno orrende ed enormi e puzzolenti pustole e non potrò più fare l'amore, fare la pipì"... E poi si chiedono perché andiamo in bagno sempre in due, noi donne.
Ma non è di questo che voglio scrivere, adesso.
Volevo appunto dire che io l'ascolto mia madre anche se non ci crede. E l'ascoltavo anche quando lei si raccomandava di non far cadere a terra il termometro. Pensavo da piccola che sprigionasse onde malefiche e mortali se si fosse rotto e da sempre l'ho maneggiato con cura, come le bottiglie di vetro con dentro le barche anche se ero convinta che se si fossero infrante, le barche potevi poi gettarle in mare e avrebbero navigato davvero e non ci sarebbe stata tempesta o marea a distruggerle e forse era proprio questa la vita giusta per loro, come uccelli in gabbia che vivono guardando il cielo e pensando che il loro vero posto nel mondo è una nuvola.
Ora misuravo la febbre, che sono raffreddata e rincoglionita. E ho pensato che adesso i termometri li fanno tutti digitali. E quindi, a me dispiace un sacco davvero adesso non aver mai rotto un termometro. Essermi persa una danza folle e ordinata di palline di mercurio che si spargono sul pavimento. E sarebbe stato bellissimo, per me, vedere quella dolce e piccola e magari lenta disfatta.